Gianni testa. Antologica. Catalogo della mostra (Roma, 11 settembre-12ottobre 2014). Ediz. illustrata (eBook)

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Lingua: it
Curatore: Strinati Claudio
Editore: Gangemi Editore
Collana: Arti visive, architettura e urbanistica
Codice EAN: 9788849299366
Anno pubblicazione: 2015
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Disponibile anche nella versione a stampa a € 25,00
Dati:
114 p., ill.

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Descrizione

Catalogo della mostra presso il Complesso del Vittoriano di Roma dall'11 settembre al 12 ottobre 2014 Catalogo generale delle opere dell'artista Gianni Testa Gianni Testa ha una carriera ampia e multiforme ma la sua figura di pittore appare oggi chiara, nitida e personalissima esprimendo una coerenza e una continuità di pensiero che fanno di lui un sensibile e appassionato testimone della nostra epoca. In apparenza, però, i temi, gli argomenti, i nuclei figurativi formulati dal maestro si direbbero remoti dagli eventi e dalle esigenze culturali e spirituali dell’epoca in cui ci troviamo a vivere. Testa è, piuttosto. un cultore della Divina Commedia, è coinvolto con la grande poesia di un passato glorioso, attinge le sue immagini dalla sfera del Mito (come nelle sue predilette quasi oniriche visioni dei cavalli), dalla osservazione delle cose naturali e dalla memoria della pittura antica. E non è fuor di luogo mettere in evidenza tali aspetti per avvicinarsi con consapevolezza all’arte di un pittore così complesso. Testa, infatti, si è formato, dopo un iniziale interesse per l’architetttura, come restauratore sotto la guida di grandi esperti tra cui va ricordata su tutti Paola Della Pergola, una delle più nobili e amate rappresentanti di una cultura storico-artistica che oggi forse non è riconosciuta come meriterebbe. Testa fu introdotto allo studio della conservazione del patrimonio culturale del nostro glorioso passato nel modo migliore, da coloro cioè che, come Paola Della Pergola esercitavano negli anni cinquanta del secolo scorso, un mestiere, quello del conservatore e dello storico, basato tutto sulla più autentica e generosa passione verso l’arte e i valori in essa contenuti. Ci credevano veramente, quegli uomini e quelle donne nati nei primi anni del Novecento e spingevano le giovani generazioni in quella direzione. Testa vi si incamminò con altrettanta dedizione e entusiasmo, quella dedizione e quell’entusiasmo che lo accompagnano ancora adesso, nella sua piena maturità. Apprese bene le tecniche pittoriche antiche e per molti anni fu soltanto restauratore. Ma poi quelle cognizioni le ha riversate tutte nella sua attività creativa che, però, non è mai stata improntata all’imitazione dell’Antico ma al rispetto e qui risiede il punto fondamentale dell’essenza della sua arte e del suo rapporto con la contemporaneità. Testa, in effetti, educato sull’Antico e su un culto quasi sacrale dell’Arte, ha basato tutto il suo lavoro sull’insegnamento fondamentale che si può ricevere dalla conoscenza del passato artistico del nostro Paese. E tale insegnamento risiede proprio nel fatto che l’artista che più e meglio di ogni altro sa vivere il suo tempo è sovente quello che non ne parla quasi mai direttamente ma trae dal proprio tempo l’alimento autentico del suo fervore, della sua voglia di fare indirizzandola a rispondere alle esigenze che l’artista avverte fiorire intorno a sé e che la maggioranza delle persone sue contemporanee avverte per lo più oscuramente senza riuscire a individuarne il senso profondo. Quello è il compito dell’artista che considera la sua attività come quella di una fiamma che riscalda gli animi, rischiara le menti e, attraverso di sé, desta curiosità, sgomento, ammirazione, gioia, timore e rispetto. E l’arte di Gianni Testa è, effettivamente, una sorta di metaforica fiamma che invade lo spazio della pittura e forgia tutte le cose in maniera sintetica e unitaria, conferendo a tutto ciò che rappresenta lo stesso afflato e la stessa energia. Dante, a questo punto, è a tutti gli effetti un nostro contemporaneo perché il maestro ne rivive i momenti fatali della Commedia in un’ottica di appassionato e struggente amore verso la materia pittorica che si fa forma mantenendo però una sorta di libertà e tensione interna, per cui le immagini prendono corpo nel magma del turbinio