Die Semiotik des digitalen Kinos . Die Ästhetik des Dokumentarfilms im Spielfilm (eBook)

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Florian Norbert Bischoff
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Lingua: TED
Editore: GRIN Verlag
Codice EAN: 9783656180623
Anno pubblicazione: 2012
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Descrizione

Studienarbeit aus dem Jahr 2010 im Fachbereich Filmwissenschaft, Note: 1,0, Freie Universität Berlin (Theaterwissenschaft), Veranstaltung: Überwachung im Kino, Sprache: Deutsch, Abstract: Der Film Frost/Nixon (R: Ron Howard, USA 2008) verarbeitet einen der bekanntesten Momente der Fernsehgeschichte: Die Serie von Interviews, die der englische Talkshow-Host David Frost mit dem ehemaligen Präsidenten Richard Nixon nach der Watergate-Affäre führte. Frost schaffte damals, was Jurisdiktion und Presse misslang: Nixon ein öffentliches Schuldeingeständnis zu entlocken, verbunden mit der Bitte um Vergebung. Sam Rockwell alias James Reston Jr. spricht diese Sätze am Ende des Films in einem Interview. Es ist eine typische Interview-Situation. Rockwell sieht knapp an der Kamera vorbei, er selbst ist im Bild mittels Tiefenschärfe stark freigestellt. Verschnitten wird dieses Interview mit Bildern von Frank Langella, der den Präsidenten Richard Nixon verkörpert, genauer gesagt, mit der bekannten Nahaufnahme des Gesichtes Nixons nach dessen Schuldeingeständnis. Interessant hierbei ist, dass eben diese Einstellung wenige Sekunden zuvor schon einmal zu sehen war. Das zweite Mal jedoch sehen wir die Aufnahme durch einen für jene Zeit typischen Röhren-Fernseher. Das Bild ist also ein anderes. Doch wie ist diese Andersartigkeit beschaffen? Frost/Nixon soll an dieser Stelle als eine Art Ouvertüre fungieren, welche auf einem in meinen Augen sehr hohen Niveau zu einem neu zu führenden Diskurs über Qualität und Organisation des Dokumentarischen in unseren digitalen Bildwelten beiträgt. Frost/Nixon bedient sich zweifelsohne einer noch näher zu untersuchenden dokumentarischen Ästhetik. Meine These in diesem Zusammenhang lautet, dass trotz – oder auf Grund – einer in den letzten fünfzig Jahren immer weiter vorangeschritten Destabilisierung des Bildes, die Inszenierungsstrategien des Dokumentarischen, des Pseudo-Realen ausgefeilter sind als je zuvor. Im folgenden möchte ich zunächst unter einer diskursgeschichtlichen Perspektive den Zeichenstatus des kinematographischen Bildes1 beleuchten, verbunden mit einer Reihe von Überlegungen zum gegenwärtigen Repräsentationsverhältnis digitaler Bildwelten. Darauf folgend sollen anhand der Filme Bloody Sunday (R: Paul Greengrass, Großbritannien/Irland 2002) und Children of Men (R: Alfonso Cuarón, USA/Großbritannien 2006) ausschnittsweise konkrete filmische Gestaltungs-Mechanismen untersucht werden, die sich einer Ästhetik des Dokumentarischen zuordnen lassen, um am Ende der Arbeit auf den Begriff des Dokumentarischen bzw. des Dokuments selbst zu sprechen zu kommen.