Friedrich Nietzsche und Richard Wagner: "Wir Antipoden" (eBook)

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Angela Schaaf
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Lingua: TED
Editore: GRIN Verlag
Codice EAN: 9783640146925
Anno pubblicazione: 2008
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Descrizione

Essay aus dem Jahr 2003 im Fachbereich Theaterwissenschaft, Tanz, Note: 1,3, Europa-Universität Viadrina Frankfurt (Oder) (Fakultät der Kulturwissenschaften), Veranstaltung: Seminar: Theaterreform und –experiment um 1900, Sprache: Deutsch, Abstract: Untrennbar sind die Namen Friedrich Nietzsche und Richard Wagner miteinander verbunden, unleugbar ist der maßgebliche Einfluß, den Wagner auf Leben und Werk des jungen Philosophen ausgeübt hat. Bereits vor der ersten persönlichen Begegnung kann sich Nietzsche dem Zauber der Wagnerschen Musik nicht entziehen: „Ich bringe es nicht fertig, mich dieser Musik gegenüber kritisch kühl zu verhalten; jede Faser, jeder Nerv zuckt an mir, und ich habe lange nicht ein solches andauerndes Gefühl der Entrücktheit gehabt als bei letztgenannter Ouvertüre“ . Beschränkte sich die Begeisterung jedoch zunächst auf die Musik des großen Meisters, schließt sie diesen nach dem ersten Zusammentreffen am 8. November des Jahres 1868 auf das ausdrücklichste mit ein, ja konzentriert sich gar auf ihn: „Wagner, wie ich ihn jetzt kenne, aus seiner Musik, seinen Dichtungen, seiner Ästhetik, zum nicht geringsten Teile aus jenem glücklichen Zusammensein mit ihm, ist die leibhaftigste Illustration dessen, was Schopenhauer ein Genie nennt“ . Und in der Tat entwickelt die Philosophie Schopenhauers sich zum Grundbaustein der entstehenden Freundschaft. Nietzsche ist mehr denn erfreut darüber, seine Leidenschaft für Schopenhauer von Wagner bestätigt zu finden: „Inzwischen hatte ich ein längeres Gespräch mit ihm über Schopenhauer: ach, und Du begreifst es, welcher Genuß es für mich war, ihn mit ganz unbeschreiblicher Wärme von ihm reden zu hören, was er ihm verdanke, wie er der einzige Philosoph sei, der das Wesen der Musik erkannt habe“. Die von Schopenhauer proklamierte pessimistische Welteinstellung beruht darauf, daß der Mensch niemals in der Lage sein kann, seinen Willen, „diesen grundlosen und ziellosen (blinden) Drang“, der „der Vorstellungswelt (jedes Menschen) zu Grunde“ liegt, zu befriedigen. Aufgrund dieser Tatsache kann es „kein dauerhaftes Glück“ geben und „ist das Leben unausweichlich von Schmerz und Leiden gekennzeichnet“. Eine Erlösung von jenem Leiden durch die „Verneinung des Willens“ kann auf zweierlei Art geschehen: „entweder durch Kontemplation in der Kunstbetrachtung oder durch Askese und Entsagung“.