Die Fehde. Von der regulativen Erfassung zum generellen Verbot in der Reichsfriedensgesetzgebung des Spätmittelalters (eBook)

Die Fehde. Von der regulativen Erfassung zum generellen Verbot in der Reichsfriedensgesetzgebung des Spätmittelalters (eBook)

Oliver Laschet
Oliver Laschet
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Lingua: Tedesco
Editore: GRIN Verlag
Codice EAN: 9783638549509
Anno pubblicazione: 2006
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Descrizione

Studienarbeit aus dem Jahr 2005 im Fachbereich Geschichte Europas - Mittelalter, Frühe Neuzeit, Note: sehr gut (1,0), Universität zu Köln (Historisches Seminar), Veranstaltung: Hauptseminar: 'Die Reichsreformbestrebungen des 15. Jahrhunderts', Sprache: Deutsch, Abstract: In der berühmten Präambel der lateinischen Fassung des Mainzer Reichsfriedens von 1235 werden im Wesentlichen zwei Gründe für die Proklamation des Gesetzes genannt. Dies ist zum einen der Wunsch, „eine Regierung des Friedens und der Gerechtigkeit stattfinden zu lassen“; der andere Grund sind die bestehenden deutschen Rechtsgewohnheiten. So sei das Gesetz erlassen worden, da „die Bewohner ganz Deutschlands in ihren Rechtsstreitigkeiten und privaten Rechtsgeschäften noch ganz nach den überlieferten alten Gewohnheiten und ungeschriebenem Recht leben“ und Gerichtsurteile „mehr durch bloßes Gutdünken als durch ein auf gesatztes Recht gestütztes“ Verfahren entschieden würden. In dieser Begründung artikuliert sich ein wesentliches Ziel der mittelalterlichen Landfriedensbewegung insgesamt; die Absicht nämlich, an die Stelle althergebrachten Gewohnheitsrechtes willentlich gesetztes Recht treten zu lassen. Die in etwa seit der Wende vom 11. zum 12. Jahrhundert auftretenden Landfrieden können schließlich als „Träger des ersten positiven und nur positiven Rechts“ gelten. In ihnen „setzt sich zum ersten Mal im deutschen Raum die menschliche Freiheit dem Recht gegenüber durch“. Grundsätzlich richtete sich die Landfriedensgesetzgebung gegen alle die öffentliche Sicherheit und den sozialen Frieden bedrohenden Handlungen. Landfriedensrechtlicher Hauptregulierungsgegenstand aber war das tradierte Rechtsinstitut der Fehde, die in dem hier behandelten Zeitraum vor allem die Ritterfehde meint, d.h. ganz allgemein die vom waffenfähigen Adel ausgeübte legitime Rechtsdurchsetzung auf dem Weg der Selbsthilfe. Ein Großteil der landfriedensrechtlichen Bestimmungen seit der zweiten Hälfte des 12. Jahrhunderts waren diesem Rechtsmittel gewidmet, das als ein „konstitutives Strukturelement mittelalterlicher Verfassungswirklichkeit“ betrachtet werden muss. Dabei werden die überaus zahlreichen, teilweise für das gesamte Reich, weitaus häufiger jedoch mit regionaler Geltungsbegrenzung beschlossenen Friedenstexte getragen von einem gleichsam programmatischen, im Laufe der Zeit immer deutlicher hervortretenden Bemühen: Der offene, gewalttätige Streit eigenmächtig handelnder Parteien wurde, soweit das Friedensgebot reichte, schrittweise an Rechtsregeln gebunden, durch derartige ‚Verrechtlichung’ zunehmend delegitimiert und schließlich gänzlich kriminalisiert.