Die freie Reichsstadt Augsburg und der Beginn der Reformation (eBook)

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Robert Kopp
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Lingua: Tedesco
Editore: GRIN Verlag
Codice EAN: 9783638155984
Anno pubblicazione: 2002
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Descrizione

Studienarbeit aus dem Jahr 1998 im Fachbereich Geschichte Europas - Mittelalter, Frühe Neuzeit, Note: 2, Universität Witten/Herdecke (Lehrstuhl studium generale), Veranstaltung: Gerichtsverfahren und Gesellschaftskultur, Sprache: Deutsch, Abstract: "Weß´ Brot ich eß´, des Lied ich sing" bezeichnet Walther von der Vogelsweide treffend das im Mittelalter übliche, durch materielle Bedürfnisse induzierte Unterordnungsverhältnis des Volkes unter den Willen der adeligen Besitz- und Herrschaftsschicht. Im Mittelalter war ökonomische Macht eng gekoppelt an adligen Territorialbesitz; Handwerk und Handel waren dem primären Sektor der Landwirtschaft gegenüber relativ unbedeutend, und Arbeitskräfte gab es gegen Kost und Logie zuhauf; nicht selten waren die auch noch Leibeigene, also Eigentum des Herrschers. Nennenswerter Grundbesitz aber ist - neben der Kirche - dem vom Kaiser damit zu belehnenden Adel vorbehalten. Ein interessantes Licht auf die gesellschaftlichen Verhältnisse wirft die Beziehung zwischen Territorialadel und der quasi das Glaubensmonopol innehabenden katholischen Kirche: Um nicht den Besitz durch die damals noch übliche Realteilung zu schmälern oder Zwistigkeiten innerhalb der Familie aufkommen zu lassen, war es beim Adel übliche Praxis, Nachgeborene entweder auszuheiraten oder in den Dienst der Kirche treten zu lassen. Diese wollten i. d. R., zu Nonnen oder Priestern geweiht, einerseits die materiellen Annehmlichkeiten ihrer bisherigen weltlichen Stellung damit aber nicht aufgeben, andererseits ihr Gesicht als Adelige nicht verlieren, und finanzierten so nur allzuoft ihr eigenes herrschaftliches Leben auf Kosten der Stifte und Bistümer und- des Glaubens. Die weltlichen Interessen des Klerus - man denke nur an den jahrhundertelang immer wieder aufflammenden Investiturstreit- waren so oft größer als sein Interesse an einem wahrhaftigen und regen Glaubensleben. Die zu Kirchenoberen aufgestiegenen Adligen wiederum wollten ihresgleichen um sich sehen und unterstützten den adligen Nepotismus innerhalb der Kirche. So verwundert es nicht, daß die überwiegende Zahl der hohen kirchlichen Würdenträger im Reich adlige Namen trugen. Daß sich durch die Praxis, kirchliche Posten als Verschiebebahnhof für die Machtinteressen des Adels zu nutzen alsbald mehr Saulusse denn Paulusse unter den mitrabehüteten und rotbekleideten Excelllenzen befanden, nimmt wohl kaum wunder.