Die Tyrannei verlernen? (eBook)

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Robert Dambon
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Lingua: Tedesco
Editore: GRIN Verlag
Codice EAN: 9783638034975
Anno pubblicazione: 2008
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Descrizione

Studienarbeit aus dem Jahr 2007 im Fachbereich Politik - Politische Theorie und Ideengeschichte, Note: 1,3, Universität Potsdam (Wirtschafts- und Sozialwissenschaftliche Fakultät), Veranstaltung: Proseminar Politische Theorie und Ideengeschichte, Sprache: Deutsch, Abstract: „Als ob die Menschen, als sie den Naturzustand verließen und sich zu einer Gesellschaft vereinigten, übereingekommen wären, daß alle, mit Ausnahme eines einzigen, unter dem Zwang von Gesetzen stehen, dieser eine aber alle Freiheiten des Naturzustandes behalten sollte, die sogar noch durch Gewalt vermehrt und durch Straflosigkeit zügellos gemacht wurde! Das heißt die Menschen für solche Narren zu halten, daß sie sich zwar bemühen, den Schaden zu verhüten, der ihnen durch Marder und Füchse entstehen kann, aber glücklich sind, ja, es für Sicherheit halten, von Löwen verschlungen zu werden.“ Wie hier auch der berühmte englische Philosoph John Locke, so wird häufig die an sich uneingeschränkte Machtfülle des „Besitzer[s] der höchsten Gewalt“ in Thomas Hobbes' Leviathan kritisiert. Zumal, eingedenk seines äußerst egoistischen Menschenbildes, scheint die Furcht, der hobbessche Staat sei eine despotische Tyrannei sui generis, in der der „Oberherr“ seine Macht in hemmungsloser Willkür gegen seine Untertanen richten kann, nicht unbegründet. Es soll daher in dieser Arbeit untersucht werden, welche Bedingungen für Thomas Hobbes einen tyrannischen Machtmissbrauch des „Oberherrn“, d.h. eine gewalttätige und selbstsüchtige Herrschaft zum Schaden der Allgemeinheit, in einem solchen Staat verhindern. Es scheinen hier zwei Hypothesen grundsätzlich von Interesse zu sein. Zum einen hätte Hobbes wohl selbst – obgleich er den Begriff der Tyrannei als Charakteristikum eines Herrschaftsstils explizit ablehnt – entgegnet, dass „selbst die größten Unannehmlichkeiten bei jeder Staatsverfassung dann kaum merklich werden, wenn man sie mit dem Elend des Krieges vergleicht“ . Zum anderen – und nur dies soll im Folgenden bearbeitet werden – könnte das Zusammenwirken der Konzeption des „Souveräns“ als „übriggebliebene[r] Naturzustandsbewohner[]“ und der hobbesschen Anthropologie selbst, der ebenso der „Oberherr“ unterliegt, als eigentlicher Schutz vor tyrannischem Machtmissbrauch betrachtet werden. Zur Klärung dieses Untersuchungsgegenstandes werden im Folgenden daher zuerst die anthropologischen Prämissen untersucht, d.h., welche Wesenszüge bedingen das menschliche Handeln. Hierbei sind insbesondere das „natürliche Gesetz“ , welches Hobbes als eine von der Vernunft gebotene allgemeine Regel begreift, die Vernunft selbst und die menschlichen Leidenschaften gemeint. Im Anschluss daran soll die Beschaffenheit der „höchsten Gewalt“ herausgearbeitet werden.