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Un vero talento naturale! Questo si dice di un' attrice che si ponga sulla scena come se fosse nata solo per quello, che sappia entrare nei personaggi con grande eclettismo, che "viva" quello che sta recitando. La protagonista del romanzo di Maugham è qualcosa di più: per lei vivere è recitare.
Fin dagli esordi il suo talento sulle scene era emerso prepotentemente e anche al di fuori del teatro ella aveva sempre saputo interpretare, nel modo migliore, le parti più opportune per le occasioni fondamentali che la vita andava via via presentandole.
Dall'incontro con i genitori del bel Michael, in cui recita la parte della ragazza di buona famiglia, alla "gestione" stessa del suo fidanzamento in cui interpreta con abilità il ruolo di generosa e umile innamorata (ma l'amore che prova per Michael è autentico), fino al tempo in cui è collocata la vicenda narrata nel romanzo, non c'è mai differenza per lei tra vita e teatro.
Ma tanta bravura non le apre le porte della felicità: insoddisfazione, banalità, grettezze non le vengono risparmiate, anzi sembra caratterizzino le sue giornate e i suoi sentimenti. Il matrimonio infatti si dimostra ben presto un fallimento, l'amore svanisce, rimangono solo la solidarietà e l'amicizia che non possono però assolvere al bisogno di passione e di sentimento che in Julia restano sempre inespressi.
Per questo è facile, quasi inevitabile per lei, farsi sedurre da chi non può però essere alla sua altezza, per età, per intelligenza, per sensibilità.
Eppure Julia sa, nella sua professione, come impedire che una giovane attrice le strappi l'applauso, imporre a un autore che ricami su di lei la parte principale, suscitare nel pubblico entusiasmo per la sua recitazione: nella professione è perfetta, ma la confusione tra arte e realtà non è facile da vivere.
Maugham ha in questo romanzo saputo costruire un modello perfetto , "l'Attrice" per eccellenza e, nella prefazione (scritta anni dopo la prima stesura del libro), racconta ai lettori il suo rapporto con il teatro e il suo mondo.
Non era mai stato particolarmente affascinato dal teatro fino a quando non conobbe la perfezione tecnica richiesta ad un attore, la fatica, il lavoro di preparazione di un brano, di una scena, di un atteggiamento o di un gesto.
Allora aveva sentito amore per quelle creature apparentemente evanescenti che sono le attrici, in realtà laboriose operaie dell'arte, e aveva pensato di raffigurarne in La diva Julia un esemplare tipico, cui donare quell'affetto e quello sguardo attento

Le prime pagine del libro
La porta si aprì e Michael Gosselyn alzò gli occhi. Julia entrò. "Ehilà! Un momento, finisco di firmare qualche lettera". "Fai con comodo. Sono venuta solo per vedere che posti sono stati mandati ai Dennorant. Cosa ci fa qui quel giovanotto?".
Adattando istintivamente, da attrice consumata, il gesto alle parole, Julia accennò con la bella testa alla stanza per cui era passata.
"È il ragioniere. Viene da Lawrence & Hamphreys. È qui da tre giorni".
"Sembra molto giovane".
"È praticante, ma ci sa fare. Si meraviglia per come teniamo i conti, non immaginava che un teatro fosse gestito con criteri tanto razionali. Dice che la contabilità di certe ditte della City è roba da far venire i capelli grigi".
Julia sorrise del compiacimento che traspariva dal bel viso del marito.
"Un giovane di tatto". "Termina oggi. Pensavo che potremmo portarlo da noi a mangiare un boccone. È un tipo molto signorile". "È una buona ragione per invitarlo a pranzo?".
Michael non notò la sfumatura ironica del tono di lei.
"Se non vuoi non lo invito. Pensavo solo che per lui sarebbe una festa. Ti ammira enormemente. Ha visto la commedia tre volte. Muore dalla voglia di esserti presentato".
Michael premette un tasto, e dopo un attimo comparve la segretaria.
"Ecco le lettere, Margery. Che appuntamenti ho nel pomeriggio?". Badando appena all'elenco letto dalla segretaria, Julia girò oziosamente gli occhi per la stanza, a lei ben nota. Era la stanza perfetta per l'impresario di un teatro di prim'ordine. Alle pareti, rivestite a pannelli da un buon arredatore (a prezzo di costo), erano appese stampe di soggetto teatrale di Zoffany e de Wilde. Le poltrone erano ampie e comode. Michael era seduto su una seggiola Chippendale finemente intagliata, una riproduzione, sì, ma fabbricata da una famosa ditta, e il tavolo Chippendale, con pesanti zampe ad artiglio, era di massiccia solidità. Sul tavolo, in una spessa cornice d'argento, c'era una fotografia di lei, cui faceva pendant una fotografia del loro figlio Roger. Tra le due stava un magnifico calamaio d'argento, dono di Julia per un compleanno, e dietro di esso un portacarte di marocchino rosso, con dorature, in cui Michael teneva la carta da lettere per la sua corrispondenza privata. Sui fogli era stampato l'indirizzo, Siddons Theatre, e sulle buste il suo stemma, una testa di cinghiale con il motto, Nemo me impune lacessit. In una coppa d'argento, premio di tre vittorie consecutive al torneo teatrale di golf, un mazzo di tulipani gialli testimoniava le premure di Margery. Julia dette alla segretaria un'occhiata cogitabonda. Nonostante i capelli ossigenati, tagliati corti, e le labbra pesantemente dipinte, Margery aveva l'aspetto
neutro che contrassegna la segretaria perfetta. Era con Michael da cinque anni; ormai doveva conoscerlo a menadito. Julia si domandò se fosse tanto sciocca da essersi innamorata di lui. © 2000, Adelphi Edizioni

Fonte: Wuz.it

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