Canti I-XXXIII
Canto I: Senza accorgersene Dante sale al cielo. La luce della sfera del fuoco e l'armonia delle sfere celesti lo riempiono di meraviglia. Beatrice gli spiega che è nell'ordine naturale dell'universo che egli purificato delle colpe ascenda verso il cielo.
Canto II: D. e Beatrice arrivano nel cielo della Luna e Beatrice spiega al poeta la ragione delle macchie lunari. La diversa luminosità dei pianeti deriva dal diverso grado in cui si manifesta la virtù delle intelligenze motrici.
Canto III: Spiriti evanescenti appaiono a D. Piccarda Donati gli spiega che essi hanno un grado inferiore di beatitudine perché mancarono ai voti, ma si piegano lieti alla volontà di Dio. Racconta poi del suo rapimento dal chiostro e gli mostra l'imperatrice Costanza.
Canto IV: Beatrice informa D. che queste anime non dimorano nel cielo della Luna, ma gli sono venute incontro dall'Empireo loro sede per manifestare sensibilmente il loro grado inferiore di beatitudine. Spiega inoltre che Piccarda demeritò per non essersi opposta alla violenza subita. D. chiede se le opere meritorie possano soddisfare i voti mancati.
Canto V: Beatrice risponde che il voto è un libero sacrificio e non può essere commutato. Salgono nel cielo di Mercurio. Uno spirito si fa incontro a D.
Canto VI: Rivela di essere l'imperatore Giustiniano e traccia un quadro delle glorie dell'aquila romana, simbolo dell'impero, da Costantino a se stesso, che affidò le armi a Belisario e riordinò le leggi nel grande Corpus luris. Il sacrosanto segno fu sempre degno di reverenza, da Pallante sino a Carlo Magno; ora i guelfi e i ghibellini ne fanno scempio. Giustiniano informa poi D. che gli spiriti del cielo di Mercurio in terra furono attivi per desiderio di gloria. Gli presenta l'anima di Romeo di Villanova.
Canto VII: Beatrice scioglie due dubbi di D. nati dalle parole di Giustiniano. Spiega che potè essere gloria dell'impero romano sia la condanna di Cristo, in quanto uomo che espiava il peccato di Adamo, sulla vendetta, con la distruzione di Gerusalemme, di quella condanna che era stata comunque inflitta al figlio di Dio. Spiega infine che Dio ha scelto l'incarnazione di Cristo e la sua morte per redimere l'umanità come atto di misericordia e giustizia.
Canto VIII: Salita al cielo di Venere. Qui si fanno incontro a D. le anime luminose, cantanti e danzanti, di coloro che si lasciarono vincere dall'amore terreno. D. parla con Carlo Martello che gli spiega come da un padre di una certa natura possa nascere un figlio di natura opposta.
Canto IX: Carlo si allontana dopo aver profetizzato le sventure degli Angioini. Parla al poeta Cunizza da Romano. Egli deplora i mali costumi della Marca Trevigiana che s'oppone all'autorità imperiale. Folchetto da Marsiglia gli indica la meretrice di Gerico, Raab, salva perché aiutò gli Ebrei nella conquista della Terra Santa. Biasima poi i papi colpevoli di pensare ad arricchirsi invece che a liberare la Terra Santa dagli infedeli.
Canto X: Beatrice e D. salgono nel cielo del Sole e il poeta loda la provvidenza divina per il sapiente ordine del creato. Dodici spiriti luminosissimi circondano D., uno di questi, Tommaso d'Aquino, presenta gli altri: Graziano, Pietro Lombardo, Salomone, Dionigi Areopagita, Paolo Orosio, Boezio, Isidoro di Siviglia, Beda il Venerabile, Riccardo da San Vittore e Sigieri di Brabante.
Canto XI:San Tommaso accenna alla fondazione degli Ordini francescano e domenicano, loda la vita di San Francesco e biasima la corruzione dei Domenicani degeneri.
Canto XII: Una seconda corona di spiriti recinge la prima. Parla il francescano San Bonaventura che loda la vita di San Domenico e poi deplora la corruzione dei Francescani. Presenta infine le altre anime: Illuminato, Agostino, Ugo da San Vittore, Pietro Mangiadore, Pietro Spano, Natan, Crisostomo, Anselmo d'Aosta, Donato, Rabano Mauro e Gioacchino da Fiore.
Canto XIII: Le due corone cantano e danzano. San Tommaso chiarisce a D. che la sapienza massima infusa da Dio a Salomone riguardava il suo essere re e non uomo, poi lo esorta a non esprimere giudizi senza prima riflettere bene.
Canto XIV: Per intercessione di Beatrice, Salomone, l'anima più luminosa, spiega a D. che dopo la resurrezione della carne, per la condizione di maggior perfezione, essi saranno ancor più lucenti senza però affaticare la vista. Salita al cielo di Marte, dove gli spiriti militanti formano una croce luminosa.
Canto XV: Un lume scende ai piedi della croce e si rivolge a D., è il trisavolo Cacciaguida, che descrive la Firenze piccola, semplice e onesta dei suoi tempi e poi parla di sé e della famiglia. Morì cavaliere di Corrado III di Svevia col quale combattè contro gli infedeli.
Canto XVI: Cacciaguida, su richiesta di D., racconta degli antenati e della Firenze antica in cui non c'era la mescolanza tra famiglie cittadine e del contado. Ricorda poi alcune famiglie, in fiore a suoi tempi, e ora decadute.
Canto XVII: Interrogato da D. Cacciaguida gli predice l'esilio, i dolori, il conforto ospitale degli Scaligeri. Infine gli consiglia di usare nel racconto del suo viaggio oltremondano piena sincerità e di non risparmiare i potenti, così sarà utile agli uomini e farà onore a se stesso.
Canto XVIII: Cacciaguida indica a D. alcuni spiriti della croce: Giosuè, Maccabeo, Carlo Magno, Orlando, Guglielmo d'Orange, Rinoardo, Goffredo di Buglione, Roberto il Guiscardo. D. e Beatrice salgono nel cielo di Giove. Gli spiriti si dispongono a formare la scritta "diligile iustitiam qui iudicatis terram" e poi l'immagine dell'aquila. D. prega Dio e gli spiriti di questo cielo a porre un riparo alla corruzione dei papi, che ostacolano l'attuazione della giustizia in terra.
Canto XIX: L'aquila ammonisce D. sull'insufficienza della ragione umana e gli chiarisce che la fede da sola non basta senza le opere. Per questo molti principi cristiani ingiusti saranno giudicati da Dio più severamente di buoni infedeli.
Canto XX: L'aquila invita D. a guardare gli spiriti che formano il suo occhio: Davide, Traiano, Ezechia, Costantino, Guglielmo il Buono, Rifeo. Traiano e Rifeo sono pagani, ma per grazia di Dio destinati al Paradiso. La predestinazione, continua l'aquila, è un mistero non solo per gli uomini, ma per gli stessi beati.
Canto XXI: Nel cielo di Saturno gli spiriti contemplanti salgono e scendono per una scalea d'oro. San Pier Damiano insiste sul mistero della predestinazione e, accennando al suo cardinalato a Fonte Avellana, inveisce contro il lusso dei moderni prelati. Un grido degli altri spiriti accoglie queste parole.
Canto XXII: Quel grido, spiega Beatrice, è annunzio della prossima vendetta di Dio. Anche san Benedetto, dopo aver accennato al suo Ordine, ne rimprovera la corruzione in alcuni monasteri. Attraverso la scalea D. e Beatrice giungono nel cielo stellato, nella costellazione dei Gemelli, e di qui il poeta contempla il sistema planetario.
Canto XXIII: D. resta abbagliato alla vista di un'immensa turba di anime illuminate da una luce intensissima: è Cristo. Risalito Cristo all'Empireo, D. vede tra le anime quella radiosa di Maria Vergine, una corona luminosa le cinge il capo. Mentre ella risale al cielo gli spiriti cantano "Regina coeli".
Canto XXIV: Beatrice prega gli Apostoli di concedere a D. un po' della loro sapienza e i beati mostrano letizia ruotando lucenti su se stessi. Poi prega san Pietro di esaminare D. su vari punti della fede. Terminato l'esame san Pietro manifesta la sua approvazione e benedice il poeta.
Canto XXV: D. pensa nostalgicamente alla patria ed esprime la speranza di poter ottenere col poema l'incoronazione di poeta e il ritorno a Firenze. Un altro spirito, San Jacopo di Galizia, si avvicina a D., lo esamina sulla Speranza e manifesta la sua approvazione. S'avvicina l'anima luminosissima di San Giovanni Evangelista che conferma di essere puro spìrito e che anch'egli riavrà il corpo nel giorno del Giudizio. D. resta abbagliato dallo splendore del santo.
Canto XXVI: San Giovanni esamina D. sulla carità. I beati esprimono la loro approvazione. Beatrice ridona a D. la vista, che ora risulta rafforzata. Vede un quarto lume: è Adamo che risponde alle domande del poeta, quando fu creato, quanto restò nel Paradiso, quale fosse la natura del suo peccato e che lingua parlasse.
Canto XXVII: I beati intonano il Gloria. San Pietro inveisce contro i papi corrotti e preannunzia l'intervento di Dio. Tornati i beati nell'Empireo, D. e Beatrice salgono al Primo Mobile. Beatrice apostrofa severamente l'umanità traviata e profetizza un rimedio non lontano.
Canto XXVIII: Negli occhi di Beatrice D. vede riflessa una luce. Si volge e scorge Dio, un punto luminoso in mezzo a nove cerchi lucenti, le intelligenze celesti, giranti a velocità proporzionale alla distanza dal punto. Beatrice spiega che l'ordine dei cerchi è inverso a quello dei cieli, ma ad esso perfettamente corrispondente, se si guarda non all'ampiezza di essi, ma al grado di virtù che li muove. I cerchi sfavillano. Beatrice enumera le gerarchie celesti secondo la spiegazione che Dio concesse a Dionigi Areopagita: la prima, Serafini, Cherubini, Troni; la seconda, Dominazioni, Virtù e Potestà; la terza, Principati, Arcangeli e Angeli.
Canto XXIX: Beatrice parla degli angeli, creati da Dio come atto d'amore. Una parte di essi si ribellò a causa della superbia di Lucifero. Gli altri rimasti fedeli cominciarono a girare intorno a lui. Precisa quali siano le facoltà degli angeli e accusa i falsi predicatori, accenna infine al numero enorme degli angeli.
Canto XXX: D. e Beatrice, bella com'egli non l'aveva mai vista, giungono all'Empireo. D. sente crescere le proprie facoltà. Vede un fiume di luce tra due rive di fiori e faville. La visione si trasforma: il fiume diviene un tondo formato da una scalinata circolare. I fiori divengono beati, vestiti di bianco e seduti su più di mille gradini; le faville diventano angeli volanti. Un seggio vuoto, su cui è la corona imperiale, segna il posto di Enrico VII di Lussemburgo.
Canto XXXI: I beati formano una candida rosa nella quale D. è stato condotto da Beatrice. Quando il poeta si volge a lei al suo posto trova san Bernardo. Beatrice ha raggiunto il suo posto in uno dei seggi più alti. D. le rivolge un commosso ringraziamento. San Bernardo invita D. a contemplare la candida rosa e la bellezza di Maria circondata da mille angeli.
Canto XXXII: San Bernardo spiega la distribuzione dei beati nella rosa celeste. Da Maria scendendo stanno Èva, Rachele, Sara, Rebecca, Giuditta, Rum e altre donne ebree. Esse formano una divisione tra i beati del Vecchio e del Nuovo Testamento. Dall'altra parte della rosa la linea di divisione è formata dall'alto da san Giovanni Battista, san Francesco, san Benedetto, sant'Agostino e altri. In basso stanno i bambini. L'arcangelo Gabriele vola davanti alla Vergine cantando l'Ave Maria. San Bernardo indica le più eccelse anime della rosa: Adamo, Mosè, san Pietro, san Giovanni Evangelista, sani' Anna, santa Lucia.
Canto XXXIII: S. Bernardo prega la Vergine affinchè D. possa alzare lo sguardo fino a Dio. D. fissa lo sguardo verso la luce divina, ma non riesce a descriverne la visione e invoca l'aiuto di Dio. Continua a fissare e riesce a gradi a penetrarne l'Essenza. Vede tre cerchi di tre colori e d'una stessa dimensione. Dal primo si riflette il secondo e il terzo sembra fuoco che spira da entrambi: l'unità e la trinità di Dio. D. cerca invano di comprendere il mistero dell'Incarnazione finché un'improvvisa folgorazione gli fa intuire la verità. Il poeta sente ora il suo animo totalmente accordato con Dio.
Fonte: Wuz.it