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Giovanni Verga
Tutte le opere del padre del Verismo

Il 27 gennaio 1922 morì lo scrittore siciliano Giovanni Verga. Tra i narratori italiani più famosi e autore di grandi capolavori, Verga è considerato il maggiore esponente del Verismo. In particolare, attraverso il suo sguardo oggettivo e quasi distaccato, le sue opere ci raccontano la Sicilia rurale di quell’epoca descrivendo la lotta per la vita nelle diverse classi sociali e il cammino fatale verso il progresso in cui “i vinti”, ovvero coloro che non riescono a stare al passo, soccombono.

Il Ciclo dei vinti

Con i romanzi veristi del progetto del Ciclo dei vinti, Verga voleva rappresentare la lotta per la vita nelle diverse classi sociali, il cammino fatale verso il progresso. Dei cinque romanzi che avrebbero dovuto comporre il Ciclo, solo I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo vengono pubblicati, mentre La duchessa di Leyra viene solo abbozzato. Gli ultimi due romanzi non vengono nemmeno iniziati.
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I Malavoglia

Al centro della narrazione sta la "Provvidenza", la barca più illustre della letteratura italiana, la più vecchia delle barche da pesca del villaggio. La vicenda ruota intorno alla sventura dei Malavoglia, innescata proprio dal naufragio della "Provvidenza" carica di lupini presi a credito. Si snoda così tutta una trama straordinariamente complessa che non abbandona mai lo svolgersi doloroso del dramma. Il quale è una serie di rovesci, colpo su colpo contro i Malavoglia, ogni volta che a forza di rassegnazione e coraggio riescono a rialzarsi dal colpo precedente. Introduzione di Edoardo Sanguineti.
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Mastro don Gesualdo

Seconda opera del progettato ciclo dei Vinti, Mastro don Gesualdo è un romanzo di costume. La parabola di Gesualdo Motta che da "mastro" (muratore) diventa "don" (ricco borghese) descrive il fallimento di una vita tutta dedita al culto della "roba", ma completamente aliena da affetti genuini e sinceri. Nel sovrapporsi chiassoso di voci che incrinano ogni valore sociale Verga sembra aver individuato il ritmo espressivo di un'umanità condizionata dal denaro e condannata alla solitudine. È una condizione di cui i personaggi non hanno coscienza, e questo fa di Mastro don Gesualdo il primo romanzo italiano dell'alienazione borghese.
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Biografia di Giovanni Verga

Nato a Catania nel 1840 da una famiglia di origine nobile e di tradizioni liberali, a soli quindi anni scrive il suo primo romanzo, Amore e patria; ben presto abbandona gli studi universitari di Legge per dedicarsi all'attività di scrittore e giornalista. Nel 1860, all'arrivo dei Mille, si arruola nella Guardia Nazionale Garibaldina, prestandovi servizio per circa quattro anni.
Dal 1869 si trasferisce a Firenze, centro della vita politica e intellettuale dell’epoca, dove ha modo di conoscere gli scrittori Luigi Capuana e Federico De Roberto che, con lo stesso Verga, saranno i principali esponenti di un nuovo movimento letterario: il Verismo. Nel 1871 pubblica Storia di una capinera, il suo primo romanzo di successo.
L’anno successivo si stabilisce a Milano, frequenta in modo assiduo il salotto Maffei e conosce i maggiori rappresentanti del secondo romanticismo lombardo e l'ambiente degli Scapigliati. Gli anni milanesi saranno ricchi di esperienze e favoriranno la nuova poetica dello scrittore. Risalgono a questi anni Eva (1873), Nedda (1874), Eros e Tigre reale (1875). Sono opere che si iscrivono nella poetica tardoromantica del primo Verga, ad eccezione di Nedda, anticipo verista, corrente di cui lo scrittore catanese sarà il massimo esponente.
Intanto, Verga si avvicina ad autori nuovi per tematiche e forme, come Zola, Flaubert, Balzac, Maupassant, rappresentanti delle correnti letterarie del Realismo e del Naturalismo francese. Con la raccolta di novelle Vita dei campi (1880), e poi i Malavoglia (1881), le Novelle rusticane (1883), il Mastro-don Gesualdo (1889), lo scrittore rivolge l'attenzione al mondo degli uomini, dei senza speranza, destinati a perdere la dura lotta per l'esistenza.
Nel 1884 si dedica al teatro, con la trasposizione di Cavalleria rusticana: ottenne un grosso successo, per sua grande soddisfazione. Nel 1890 torna definitivamente a Catania, dove vive nei suoi possedimenti e si allontana sempre di più dalla scrittura. Tale periodo viene riconosciuto come "crisi creativa". Muore nel 1922, dopo essere stato nominato, nel 1920, Senatore della Repubblica a vita.