Il fiato dello spettatore e altri scritti sul teatro (1966-1984)

Elio Pagliarani
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Editore: L'orma
Collana: Fuoriformato. Nuova serie
Codice EAN: 9788899793227
Anno edizione: 2017
Anno pubblicazione: 2017
Dati: 407 p.,libro in brossura

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Descrizione

Ma certo, l’asso di briscola non ce l’ho: ne´ credo che sia mai funzione della critica tirar fuori gli assi di briscola. Ma ho abbastanza idea di come si danno le carte, del barare e altro.

«Un libro bello perché è come un grande racconto che restituisce una memoria intelligente, spesso ironica, con temi come il rapporto con i classici, l'avanguardia, la piazza. E con la convinzione che il teatro sia un'arte sociale.» - Robinson, Repubblica

«Pagliarani fu cronista teatrale d’eccezione per due motivi. Il primo e` che erano quelli gli anni in cui il teatro si rinnovo` profondamente, uscendo dagli spazi istituzionali. Il secondo e` che Pagliarani rivoluziono` l’ingessata retorica delle recensioni teatrali, trasfondendo la propria personale poetica in una ermeneutica teatrale incentrata sul rapporto tra attori e spettatori.» - Il Mattino

«'A teatro è il fiato dello spettatore che dà fiato all'attore. Lo so per via che ogni tanto recito versi: io vario, essi variano, in funzione di chi ascolta, e viceversa.' Così scrive Elio Pagliarani nel 'Teatro come verifica': il primo dei saggi e articoli una cui scelta ordinò, nel '72, col titolo appunto 'Il fiato dello spettatore' (scelta qui ampliata e proseguita sino al termine della sua attività di critico teatrale, nell'84, grazie a un approfondito scavo bibliografico). Un'interazione da sempre presupposta dal teatro, certo, ma che per Pagliarani è solo un aspetto di quello che più gli interessa: 'la socialità dell'arte come capacità di provocazione immediata'. In quegli anni, più radicalmente, 'intervento del pubblico come elemento costitutivo dello spettacolo' (per esempio col Living Theatre) e annullamento, dunque, della separatezza sacerdotale tra il performer solo al comando e un'audience passiva e gastronomica: in una fusione simile, invece, al 'ritmo corale' dei 'braccianti del mare' evocato dal poeta nella Ballata di Rudi. L'incontro di Pagliarani col teatro non fa che dar seguito, infatti, alla componente pubblica, cioè sociale, di una parola, come la sua, da sempre declamata sulla strada prima che sulla scena. Una parola in 3D, già 'spettacolo come quei libri per l'infanzia, che oggi diremmo in qualche modo pop, donde salta fuori un bosco un castello i sette nani, a ogni pagina'. Assistiamo allora all'incontro fra i numi di Brecht e Artaud in un teatro che fa appello insieme all'intelletto e ai sensi: quello che si potè vedere, sulle scene italiane, nei mitici Sessanta e Settanta. Le 'cronache' teatrali di Pagliarani, come le chiama con un termine a lui caro, restano oggi non solo la testimonianza più appassionata di quelle stagioni, ma anche la «cronaca» più fedele, ancorché o proprio in quanto frammentaria, di un tempo che volle sfidare le convenzioni e le convenienze di sempre per 'tirare su la schiena', una buona volta. E proporsi, in tutti i sensi, all'aperto." (A.C.)