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Milena Jesenská
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Traduttore: Donatella Frediani
Editore: Giometti & Antonello
Collana: Letteratura
Codice EAN: 9788898820139
Anno edizione: 2018
Anno pubblicazione: 2018
Dati: 252 p., brossura

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Descrizione

La figura di Milena Jesenska (1896-1944), la destinataria delle famose lettere di Kafka, nonché sua traduttrice e suo amore incompiuto, è oramai nota anche grazie a delle fortunate biografie. Meno noti forse sono i suoi scritti (e le sue lettere), gli stessi che oggi presentiamo qui e che fanno della Jesenska una delle più vivide testimoni della vita e della cultura mitteleuropea tra le due guerre. Gli argomenti sono i più vari, dal costume, al cinema, all'arte e alla letteratura, per poi indirizzarsi - nella seconda sezione - in reportage di taglio più schiettamente politico, in concomitanza con la degenerazione della situazione nella giovane repubblica ceca che condurrà alla sua annessione da parte della Germania nazista. Sorprendono, dall'inizio alla fine, l'acume e l'efficacia dello stile, sempre in grado di mettere in luce il tragico, il comico e il grottesco dell'esistenza, mostrando sia un gran talento ironico sia, al contempo, inaudite doti di empatia. Nata a Praga in una famiglia benestante, partecipa sin da giovanissima alla bohème della capitale, per trasferirsi poco più che ventenne nella Vienna postbellica assieme al marito. Qui inizierà una felice carriera giornalistica, la quale ha però come controcanto una tormentata vicenda personale, che la porterà - complici un matrimonio fallito e una iniziale, poi sconfessata adesione al partito comunista - a una decennale dipendenza dalla morfina, dovuta ai postumi del travagliatissimo parto della sua unica figlia. E solo alla fine degli anni Trenta che la Jesenska ritorna a scrivere con la passione e l'intelligenza che contraddistinguono il suo personalissimo stile, partecipando nuovamente alla vita culturale del suo paese. Anche a causa di tale coinvolgimento sarà arrestata dai nazisti appena entrati a Praga e condotta al campo di Ravensbriick, dove morirà quattro anni più tardi. Tragedia del non tragico! L'inattitudine alla tragedia! Com'è tremendo, com'è doloroso, malinconico tutto questo! Gli uomini qui si sono rassegnati senza neppure saperlo, si sono rassegnati senza neppure lottare, con una naturalezza che spaventa. La maledizione dell'imperfezione, dell'incompiutezza, della mediocrità imitata grava qui su tutte le cose: sugli abiti, sul portamento della gente, sui mobili, sui posti a teatro, sulle vetrine. L'eterna schiavitù della promiscuità, l'eco di ogni lacrima e di ogni sospiro nella camera accanto piena anch'essa di gente, la tirannia di un destino che impone di osservare sempre con attenzione gli altri, perché qui ognuno è attore, spettatore e suggeritore al tempo stesso! Una qualsiasi evoluzione è impensabile, giacché è qui che finiscono le cattive imitazioni della vita e dell'arte, è per queste strade che si scrivono operette, farse d'infimo ordine e valzer sdolcinati atti a eccitare la sessualità miserevole e stremata di esseri che persino nel loro intimo non mancano mai di distinguere tra domenica e giorni feriali; [...] C'è dunque da stupirsi se questi uomini che col loro cervello e il loro cuore alimentano un mostruoso apparato, che per decenni non hanno mai vissuto né sentito in maniera personale e unica ma sempre e solo come massa, allineati l'uno accanto all'altro come merci in un magazzino con dentro lo stesso sentimento di rassegnata impotenza quali elementi di un cavo elettrico fra il mondo e Dio, c'è da stupirsi, dicevo, se essi un bel giorno, tutti insieme, mandano un urlo tremendo e si rivelano - per un istante nell'arco di secoli - terribili quanto prima erano stati docili? Con otto lettera a Max Brod su Kafka.