Lo scisma del 1378 con due papi e due re: Re Luigi nel Principato di Ascoli Piceno del Regno di Puglia a Caserta; Carlo III nel Principato di Taranto del Regno di Sicilia Ultra a Napoli
Arturo Bascetta
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La grande intuizione di Bascetta prende forma, il teorema di Contea, Ducato e Principato di Puglia sito in tre luoghi diversi è ormai una realtà. Ma non solo. Vi fu anche una Contea, Ducato e Principato diverso per la Sicilia, in quanto la sede vicariale del Duceto concide con qualla di Gerusalemme che è Barletta. Sono i regni di foro Ylio, bis-Ylia e cis-Ylia: Barulo di Capua, Baruletto a Bisceglie e poi Barletta, la Sicilia che non c'entra con l'Isola che i pugliesi liberarono dai Saraceni con l'aiuto degli Altavilla, per sfuggire ai Normanni provenienti da Capua. In quest'ultimo testo è viva la corsa ai troni italici dei troiani di ogni tempo, tutta interna ai Provenzali (Del Balzo, Angioini e Tarantini), abbiamo un quadro sempre più completo sui tre fulcri del costituendo Regno intorno alla nuova Napoli, dove tutti i sovrani vollero mettere capo, per scrivere la parola fine a una conquista che durò tutto il Medioevo. L'occasione è data dal trasferimento della sede papalina dalla cattività avignonese a Roma, dove fu obbligatoria l'elezione di Urbano VI per convincere i cardinali, trattenuti con la forza, a votare un papa di patria napoletana, che potesse porre termine alle discordie feudali e affidare definitivamente ai Napoletani lo scettro di capitale e a Taranto quello di sua vicaria, cioè di unico Principato. I più tremendi baroni furono quelli della Casa del Balzo, i quali, sempre scontenti per non aver portato a termine l'investitura imperiale di Costantinopoli, si erano riversati alla conquista del Levante, pretendendo di impossessarsi del trono di Gerusalemme, in quanto già proprietari del vecchio Principato del Monte Cavoso, più o meno coincidente con il trono dell'antica Cecilia continentale, fra Bisceglie e Barletta. Ma l'ultimo Papa, prima di morire, anziché ai Del Balzo, aveva riconsegnato la titolarità del trono di Sicilia alla Regina Giovanna, scartando di fatto l'adozione di un Balzino a erede del reame, già imparentati fra l'altro con i Catalani a Palermo e padroni delle Calabrie. Per tenere la situazione del Regno della Chiesa sotto controllo, a Roma, si decise di dire basta alla cattività avignonese e fu obbligatoriamente eletto Papa Urbano VI. La cosa non piacque ai cardinali, i quali, appena liberi, fuggirono a Fondi, più che impauriti, a chiedere aiuto alla Regina, eleggendo Clemente VII per antipapa, e lasciando che da Sabaudia partisse un Comitato militare per sequestrare al Papa di Roma la Marca di Ascoli, come avvenne, quando i papalini fuggirono su Ancona e la provincia ducale tornò al proprio legittimo soglio dell'urbe di Foro Julio della Langobardia Minor, sede del vecchio «Regno Apulia» nella Civitate mariana chiamata Principato. Mancava però un Re per questo vecchio trono casertano, di rito misto ortodosso, che ogni tanto la storia tirava fuori per osteggiare le decisioni papali avverse. Per tali motivi la Regina fu subito scomunicata, avendo rifiutato di fare i del Balzo eredi del Regno di Napoli, subendo la rivolta dei parenti Catalani in Calabria, della vicaria pugliese di Teano e di quella napoletana di Taranto, riuscendo però a liberare la vicaria ducale del Sasso Cavoso di Matera, grazie ai Sanseverino, scongiurando così la caduta del trono di Sicilia, appoggiato dall'antipapa. Clemente riprese così la strada di Avignone e lo scisma divenne un fatto acclarato, sollevandosi perfino Firenze e Pisa per opera dei Ciompi.