Diari di Napoli, il manoscritto di Zazzera e gli omissis inediti svelati. II parte 1617. Vol. 4: Festa a Palazzo con 12 dame d'argento e Firenze recluta solo bei cavalieri (1 settembre - 31 dicembre 1617)
Francesco Zazzera,
Micco Spadaro
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Editore: |
ABE
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Codice EAN: |
9788872973837
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Anno edizione: |
2025
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Anno pubblicazione: |
2025
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Dati: |
134 p., brossura
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La cavalleria del principe di Avellino libera Vercelli e Milano ma la bolla del papa a Borgia favorisce usurai, puttane, meretrici e dame in bianco e vesti d'argento: le banche private vengono date in affitto a terzi, l'Ave Grazia Plena è dei Tocco, mentre il collegio dei medici dà lezioni sugli uomini illustri. Tutto il 1617, come abbiamo visto anche nella prima parte, gira intorno a due eventi principali. Uno è la sfida all'armata di Venezia, in un certo senso vinta dai Napoletani e festeggiata con il Carnevale dei grandi, la festa ricreta dal Viceré affinché nobili e popolo scendessero a Piazza Mercato tutti mascherati, quasi a suggellare la sconfitta veneta, che è la vera perdita del dominio sul Mare Adriatico. L'altro evento, che compare in questa seconda parte, va a chiudere il ciclo di un altro scontro, che quello con i Francesi e, in particolare con i Savoia, a cui i Napoletani furono chiamati per dare man forte al Toledo governatore spagnolo di Milano. Agosto si apre con una passeggiata in carrozza a Posillipo. Il Viceré era turbato da una lettera, fatta leggere a tutta la città, con cui gli ambasciatori imperiali offrivano a Venezia la restituzione del bottino napoletano, mentre 2.000 soldati spagnoli sbarcavano a Napoli. L'ira divina non mancò di prendersela calando sulla città tempesta, tuoni e fulmini che colpirono la cupola del tesoro, quella dell'Arcidiocesi appena ristrutturata, facendo saltare dalle mura solo la croce. Brutte notizie giungevano da Vercelli per la morte di quindici ufficiali, fra cui Pimentel, Leyva e Mormile, Titta Griffo; salvo Giovanni Bravo. Il Viceré aumentò feste e commedie, intensificandosi la tresca con Rosinella, e le due nipoti di Cicinella Carafa, però senza far mollare le incursioni dei Napoletani nel Golfo di Venezia, sbarcati a frotte a Trieste, all'incontro con quattro barche armate di Albanesi, ma senza lasciarsi sfuggire il carico d'olio delle due navi verso Ancona, sotto lo sguardo attonito dei veneti, fermi a Capodistria. Intanto a Napoli i cavalieri si prendevano a coltellate, lasciando D'Afflitto, morto a terra, e Reviglioni, additati come spie dei Savoia e artefici del colpo alla banca di Amalfi, e accusati di aver avvelenato gli acquedotti napoletani. In molti partono per Firenze, dove è richiesta cavalleria e fanteria dentro e fuori Napoli. Uno schiavo di Giovanni Simone Polverino accoltella due o tre e anche uno sbirro e il panettiere, finché, preso, è impiccato. Pietro Caravita diventa Consigliere comunale e fa vendere la Banca dei Longo, dopo la morte del titolare mastrodatti, fratello di Carlo e del giudice Aniello, padre del Marchesino fattosi nobile fra i Longhi di Cosenza. Festa delle amazzoni a Palazzo: dodici Dame in bianco con le trenette d'oro e manto d'argento; ballano col gancio la Marchesa della Valle e la contessina Riccarda Fabri. Le migliori vittorie riportate in Lombardia, cioè legate alla liberazione di Vercelli dai Savoia, per riconsegnarla a Milano, e da altre fortunose battaglie fra Pavia e Mantova, che ebbero sicuramente non un solo vincitore, ma di certo un comandante di gran valore, quale il generale della cavalleria Camillo Caracciolo, Principe di Avellino. Il 1617, quindi, passerà agli onori delle cronache non solo per la fine della guerra fra Milano e i Savoia, ma anche per la morte di questo nobile cavaliere, subito dopo la liberazione di Vercelli.