Giurisdizione, interpretazione e co-produzione normativa

Antonio Gusmai
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Editore: Cacucci
Collana: Profili di innovazione
Codice EAN: 9788866114307
Anno edizione: 2015
Anno pubblicazione: 2015
Dati: 168 p.,libro in brossura

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Descrizione

Il presente studio nasce dall’esigenza di provare a mettere in discussione tutte quelle astratte e astoriche dogmatiche nozionistiche – tradizionalmente a tratti ancora rinvenibili nella manualistica istituzionale[1] ed a cascata riflesse, poi, nelle argomentazioni della classe politica come nelle convinzioni di molti operatori tecnici del diritto – allorché, anche indirettamente, trattano e discettano dell’argomento forse meno teorico del diritto costituzionale[2]: il dinamicissimo tema delle fonti di produzione normativa, da intendersi, qui, quale tipico frangente che materialmente si caratterizza per la necessaria sussistenza di un nesso inestricabile tra il momento della produzione e quello dello ius dicere[3].Studiare temi sconfinati, spinosissimi, e assai articolati come evidentemente sono quelli della funzione del giudice nell’ordinamento costituzionale, dell’interpretazione giuridica, e, di conseguenza, delle fonti di produzione normativa, non può non indurre a riflettere sulla circostanza che, su argomenti sterminati come questi, probabilmente non possa determinarsi alcuna immutabile certezza scientifica, né esistere teorici e teorie dalle quali l’ordinamento giuridico possa uscirne in qualche modo «adeguatamente» e definitivamente «ordinato» [1] Nella cultura medioevale del XV secolo, come noto, si diffonde il modello delle «Istituzioni» al fine di sostituire il vecchio e incerto modello del «Digesto». Cominciano a quell’epoca, infatti, a diffondersi le teorie giusrazionaliste che consideravano quest’ultimo sì una compilazione enciclopedica ma, allo stesso tempo, un’opera caotica, inorganica, in quanto principalmente fondata sulla soluzione di casi singoli. Il modello delle «Istituzioni», invece, ancora vivo nelle nostre università, nasceva dall’esigenza di ottenere trattati di carattere rigorosamente sistematico, nel quale cioè tutto il diritto doveva essere esposto in modo rigorosamente ordinato, seguendo affinità tematiche e parentele concettuali. Per farsi un’idea sull’epoca del giusrazionalismo, ed in particolare per comprendere come cominciano a diffondersi nel continente le costruzioni artificiali del diritto operanti, per molti aspetti, ancora ai giorni nostri, cfr., per tutti, F. Wieacker, Privatrechtsgeschichte der Neuzeit unter besonderer Berücksichtigung der deutschen Entwicklung, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1967, trad. it. Storia del diritto privato moderno, con particolare riguardo alla Germania, vol. I, Milano, 1980, spec. 511 ss.[2] Merita, per la sua efficacia rappresentativa, di essere riportato per esteso quanto osservato sul sistema universitario occidentale da M. Bussani, Il diritto dell’Occidente. Geopolitica delle regole globali, Torino, 2010, 216, nota 28. Così testualmente:«Un inciso italiano. Dappertutto in Occidente, la formazione dei corpi applicativi nasce nel ventre delle facoltà giuridiche. Per conseguenza, qualsiasi elogio o critica alla cultura di avvocati, notai, giudici e burocrati va rivolta, prima che a ogni altro obiettivo, a quei centri di produzione di sapere. Ebbene, di fronte alla ricchezza e alla complessità del fenomeno giuridico, i corsi fondamentali delle facoltà giuridiche tacciono. Un modello d’insegnamento che non incorpora il divenire del diritto, e le sue interrelazioni con esperienze altrui, ovviamente non incentiva la ricerca critica, neppure sul proprio sistema, e determina un inevitabile corto circuito scientifico. Che questo sia il modo d’intendere il ruolo del docente e dello studioso si presta a più di una perplessità, non solo al confronto con alcune delle esperienze occidentali, ma anche nella prospettiva di pensare alle facoltà di giurisprudenza  come serbatoi di una classe dirigente che, sul terreno della cruciale infrastruttura ‘diritto’, sappia competere efficacemente sul mercato delle idee e delle soluzioni, al servizio del paese e del suo sistema socio-economico».