Scegliere la patria. Classi dirigenti e risorgimento in Sardegna

Aldo AccardoNicola Gabriele
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Editore: Donzelli
Collana: Saggi. Storia e scienze sociali
Codice EAN: 9788860365712
Anno edizione: 2011
Anno pubblicazione: 2011
Dati: 302 p.

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Descrizione

Quale è stato il contributo della Sardegna alla costruzione dell’Unità nazionale? Posta in questi termini la domanda non ha molto senso storico: o, peggio ancora, rischia di condurre a una risposta vuota e formale. Si può arrivare a sostenere che il Regno d’Italia proclamato nel 1861 non sia niente altro che il Regno di Sardegna che ha cambiato nome ampliandosi. Questione del tutto irrilevante, poiché quello che conta – nella storia, come nella politica, come in tutte le attività umane – è capire chi sia l’attore, e in quale misura; chi abbia predisposto i programmi e li abbia perseguiti e attuati; chi abbia effettivamente assolto a un ruolo dirigente. Il volume di Aldo Accardo e Nicola Gabriele ricostruisce le dinamiche politiche che portarono alla «fusione perfetta» tra le spinte identitarie che premevano per la difesa dei diritti della nazione sarda e la volontà di aderire al processo unitario. In particolare, l’analisi si concentra sui comportamenti e le strategie della classe dirigente isolana, che dopo l’Unità si rivelò incapace di trarre dall’esperienza locale, dalla specificità di una plurisecolare vicenda storica, un insegnamento di carattere generale sull’assetto da dare al nascente Stato nazionale. Questo proprio nel momento in cui era all’ordine del giorno la discussione sulle caratteristiche che il nuovo Stato avrebbe dovuto assumere. Fu così che perse l’occasione di diventare classe dirigente nazionale. Il caso sardo diventa dunque osservatorio privilegiato per riflettere sul tema cruciale dell’identità e delle fondamenta su cui questa si costruisce. Come osserva Alberto M. Banti nella sua Prefazione, «nel bene o nel male la storia della Sardegna, come anche quella dell’Italia e dell’intera Europa contemporanea, poggia su tradizioni inventate, su identità artificiosamente costruite, su discorsi che affidano la loro capacità di orientare l’opinione pubblica alla loro forza comunicativa, più che alla loro “verità”».