L'ultimo spartito di Rossini

Simona Baldelli
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Editore: Piemme
Collana: Storica
Codice EAN: 9788856664188
Anno edizione: 2018
Anno pubblicazione: 2018
Dati: 384 p., rilegato

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Descrizione

Un romanzo che si avvale di una rigorosa documentazione storica, costruita attraverso materiali pubblicati e carteggi autografi.

Rossini si guardò attorno. «Dite che la mia musica verrà ricordata, dopo la mia morte?»

L’ultimo spartito di Rossini non è l’ennesima biografia romanzata di Rossini, pur basandosi interamente su fatti realmente avvenuti, è il tentativo di ripercorrere e comprendere, attraverso il ricordo delle vicende, nell’avvicinarsi della morte, i motivi che ne causarono la depressione, le fobie, le allucinazioni di cui soffrì e, nell’età adulta, lo esclusero dal mondo. Liberare l’icona dai luoghi comuni, sgombrare il campo dalle piccole e grandi calunnie di cui fu oggetto. Restituire l’uomo, a scapito del musicista. Siamo a Passy, a poca distanza da Parigi, nei primi giorni del novembre 1868. Gioachino Rossini ha appena subito un’operazione e sta attendendo una seconda, con la quale il professor Auguste Nelaton spera di rimuovere il tumore. Accanto a sé ha Olympe Pellisier, la seconda moglie, famosa ex modella e cortigiana, amante, fra tanti, del pittore Horace Vernet e dello scrittore Honoré de Balzac. Rossini si è confinato da più di trent’anni in un lungo e doloroso silenzio lavorativo, raramente interrotto da serate musicali private, in compagnia di amici e artisti come List, Wagner, Ricordi, fra gli altri. Cos’era accaduto, nella vita e nell’animo del più grande compositore di tutti i tempi, venerato a livello mondiale? Perché il silenzio, l’esilio dalle scene e dal mondo? La biografia del musicista pesarese è degna del più rocambolesco romanzo d’avventura, da povero a ricchissimo, da rivoluzionario repubblicano a conservatore, ma sempre pronto allo sberleffo verso l’ordine costituito. Da dandy impenitente, frequentatore delle più raffinate alcove europee quanto dei più infimi bordelli, da cui ricavò, non ancora quarantenne, la gonorrea che l’avrebbe accompagnato per sempre, alla castità da lui chiamata “fermo celibato”. Si contano circa mille donne nel catalogo amoroso di Rossini, un elenco degno del Don Giovanni mozartiano, le ricche signore si intrufolavano a forza, nude, nel suo letto. Le ragazzine lo rincorrevano per strada per tagliargli un lembo del vestito e si contendevano le litografie dei suoi ritratti. Lord Byron era disperato perché il musicista gli aveva strappato il ruolo di personaggio più famoso del momento. Francesco Borbone lo venerava, Metternich ne cercava la compagnia. Vincenzo Monti, Nicolò Paganini, Massimo D’Azeglio ne condividevano la tavola e le scorribande. Si era destreggiato fra giacobini e papalini. Era stato subissato di fischi e portato in trionfo in tutta Europa, la sua fama era giunta fino alle Americhe. Aveva osservato, con cinismo crescente, i cambi di potere, casacche e servilismo, nell’alternarsi di francesi, austriaci, spagnoli, papi re. Era stato precursore degli ideali del Romanticismo, pur contrastandolo. Aveva assistito alla nascita del Risorgimento, anelando però che nulla mutasse. Aveva anticipato mode e costumi anche se il progresso lo terrorizzava. La sua vita era stata un vortice frenetico, ma lo spaventava la velocità. Passò un intero viaggio in treno, fra l’Italia e la Polonia, barricato nello scompartimento, ansimando e piangendo, in preda a crisi cardiache. Vide il proprio corpo, vero oggetto di culto all’epoca, disgregarsi nei rivoli di numerose, devastanti, patologie. E soffrì il rapporto, idealizzato, complicato, complesso, ossessivo, con la madre, onnipresente nei pensieri e nelle attenzioni, e l’assenza e la mancanza del sostegno paterno negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, voragine che non sarebbe mai riuscito a riempire. Un’esistenza complessa, un crescendo di emozioni, gloria e polvere, sempre alla ricerca di quella consacrazione assoluta, da parte della critica musicale del tempo, che gli sfuggì per un soffio, in vita.