«La prima volta che lo navigammo tutto questo mondo iniziò il 20 settembre 1519». I fatti, le storie, i sogni, le follie, il sangue e le meraviglie del secolo del primo incontro tra l’Europa e le Americhe. Un diario di bordo, un atlante. Niente è finzione eppure tutto sembra tale, con la precisione e il nitore dei sogni, in una cartografia mai vista e non visibile. Risalendo i fiumi della scoperta, il Breviario accetta tutto quello che è viaggio e che chiamiamo reale o storia. E che qui ritorna ad essere polvere e creazione, spirali di ordini del tempo diversi che si tagliano come galassie inanellate. Tempo degli dèi e del sangue, dell’oro e degli uomini, del rischio e del rito, delle ultime notti sulla terra. Fino a lambire le tracce, le vertigini, i segni lasciati da una tempesta come nessun’altra mai avvenuta sulla terra, proprio come il primo contatto con altre forme di vita. Fino a spostare le tappe e le rotte delle grandi esplorazioni verso le distanze universali del male e del desiderio.
Proposto da Giuseppe Montesano al Premio Strega 2025 con la seguente motivazione:
«Oggi i confini tra i generi si sono assottigliati fin quasi a sparire, e nascono ibridi strani. Non è un bene, non è un male, tutto dipende dalla qualità del risultato: e Breviario delle Indie di Emanuele Canzaniello è un ibrido che ha qualità. Il Breviario racconta il rovescio indicibile della conquista spagnola, e quindi europea, delle Americhe: a partire dal fatidico 1492 fino al secolo successivo. Canzaniello, con anarchica libertà da dettami storici o antistorici, fa salire in scena navigatori, soldati, re, banditi, preti, indios, regine, geografi, sognatori, vittime, filosofi, carnefici, cani, teologi, foreste, giuristi, scrittori. Così ci arrivano le storie del Colombo apocrifo e dei nativi apocrifi, le cronache dell’impavido e magnifico Las Casas e dell’incredibile avventuriero Cabeza de Vaca, del distruttore Pizarro e di quel De Soto che usava i cani per sbranare uomini e bambini, del distruttore Hérnan Cortés e dell’infame india la Malinche detta doña Marina che fu sua amante e tradì il proprio popolo, dell’osceno ideologo della legge del più forte Ginés De Sepúlveda e dell’almeno non ipocrita Diaz del Castillo che scrisse “siamo venuti qui per servire Dio e il Re, ma anche per farci i soldi”, dell’acuto ma ambiguo giurista De Vitoria e del luminoso Bernardino de Sahagún padre dell’antropologia. Ma queste storie ci arrivano volutamente a lacerti e frammenti, come rovine e macerie di storie: interpretate dalla voce dell’autore che interroga gli eventi, e interroga sé stesso e il lettore con una ossessività che svela come dietro la superficie apparente del saggista ci sia la furia del narratore che usa, come una sorta di lampada infera per entrare nelle tenebre del cuore umano, la metafora dello stupro e la sua realtà, la realtà del sesso come violenza ebbra di potere che il carnefice esercita sulla vittima. E il disastro che fu l’incontro tra l’Europa Cattolica e il Nuovo Mondo si mostra allora come una incomprensione unilaterale causata dalla disperata patologia dell’Occidente. A un mondo nuovo – che gli apparve nemico perché troppo vicino al suo stesso desiderio represso di un Eden sulla terra – l’Occidente vecchio applicò le sue regole mentali, le sue norme giuridiche e la sua visione della vita, attingendo a una ratio che si era modellata nell’unione della violenza idealizzata di Roma antica con la violenza ipocrita della fede al servizio di Cesare, e viceversa: una ratio che, attraverso la metamorfosi per cui l’Economia ha sostituito la cieca fede in Dio-Cesare e Cesare-Dio con la cieca fede nell’Algoritmo, è arrivata fino a noi. Nel Breviario Canzaniello muove la sua rabbia giovane ma non ingenua contro la radicale ingiustizia del più grande che mangia il più piccolo, del violentatore sadico che invoca un dio falsificato per fottere il prossimo con più godimento, della perversione incosciente di sé stessa che crede nel bene m