Avrei voluto tutto

Michele Monina
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Editore: Pequod
Collana: Pequod
Codice EAN: 9788860681522
Anno edizione: 2019
Anno pubblicazione: 2019
Dati: 408 p., brossura

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Descrizione

Michele Monina, in questo avventuroso racconto della sua gioventù, "Avrei voluto tutto" - che ricalca la grinta rivoluzionaria di Nanni Balestrini -, getta luce sulla sua personale condizione di vita vissuta ai limiti della cosiddetta "normalità", lungo la linea di frontiera, come in trincea. Ancona è lo scenario dal fascino un po' dei "belli e dannati" di chi vi è nato, delle furibonde scorribande dei nostri eroi animati dall'ardore e dallo spirito ribelle della contestazione giovanile. La sua voce fuori dal coro trova espressione in "Questa volta il fuoco", nell'impeto di rivolta delle manifestazioni politiche e nel furore delle tifoserie degli stadi; nel secondo, "Anime @ losanghe", nella parabola discendente delle disavventure di una band musicale. Nell'ultimo volume, "Una notte lunga abbastanza", dopo una "dolente" esperienza di volontariato presso un dormitorio per senza tetto, queste esuberanti intemperanze lasciano il posto all'età matura che s'affaccia, nella consacrazione del suo ruolo di scrittore e di padre di famiglia. "Storia di un'anima", si potrebbe parafrasare, citando parodisticamente la grande santa - visto che qui di santità non ce n'è neanche l'odore e, se se ne parla, è solo a rovescio. Di qui gli sproloqui surreali suoi e degli amici, le pittoresche evocazioni - talora venate di nostalgia -, da quel "Limbo" che ormai, come "L'isola di Arturo" dell'utopia giovanile, si è abbandonato per sempre. Lo stile è divertito e irriverente, dal ritmo tumultuoso, in cui la descrizione scanzonata declina, a tratti, nell'immaginario grottesco, per poi sconfessarne, alla fine, la credibilità, e approdare salvificamente alla sapienza di "una vita che, Dio volendo, non sta andando verso un finale, ma verso un nuovo inizio gioioso". Infatti, al di là dei rigurgiti velleitari di questi "ragazzi di strada", è proprio la vita ad avere l'ultima parola attraverso la festosa notizia della nascita di due gemelli, ciò che ricuce "lo strappo originario" - per dirlo con la Morante - dell'autore. Proprio da questo dichiara aver preso forma la sua vocazione alla scrittura: il trauma di aver perduto il suo gemello quando lui è venuto al mondo e l'affronto di una lama che un ospite del dormitorio affonda nel suo braccio, a manifestare ciò che egli, fin dall'inizio, ha etichettato senza mezzi termini come un "fallimento", che invece poi si rivela essere la svolta positiva della sua esistenza.