Modelli criminali. Mafie di ieri e di oggi

Giuseppe PignatoneMichele Prestipino
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Editore: Laterza
Collana: I Robinson. Letture
Codice EAN: 9788858134047
Anno edizione: 2019
Anno pubblicazione: 2019
Dati: 176 p., rilegato, 2 ed.

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Descrizione

Il capo della Procura di Roma e il procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma hanno scritto il libro definitivo per chi voglia conoscere a fondo le caratteristiche, le trasformazioni e l’estensione della criminalità organizzata.

«A tre mesi dalla pensione, il procuratore Giuseppe Pignatone raccoglie quarant'anni di esperienza nella lotta alle mafie, in un volume scritto con l'aggiunto Michele Prestipino» - Gianluca Di Feo, La Repubblica

«Un'analisi che parte da lontano e arriva ai giorni nostri, attraverso l'evoluzione delle cosche nei territori d'origine e nelle colonie dove hanno piantato radici e costruito imperi, fino a tracciare le nuove dimensioni delle bande che trafficano nella capitale d'Italia» - Giovanni Bianconi, Il Corriere della Sera

«Da Milano a Roma a Palermo, le cronache registrano decide di casi di multinazionali e banche in rapporti con la 'ndrangheta o di societò in contatto con Cosa Nostra; o storie di cooperative collegate all'organizzazione mafiosa romana» - Raffaella Calandra, Il Sole 24 Ore

Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino – oggi rispettivamente Capo della Procura di Roma e Procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma – ci svelano in questo libro le caratteristiche e le trasformazioni delle organizzazioni mafiose di cui si sono occupati nella loro lunghissima esperienza da Palermo a Reggio Calabria, fino alle più recenti inchieste che hanno coinvolto la Capitale. Struttura unitaria e verticistica, presenza di una guida riconosciuta e autorevole; utilizzo della ferocia più spietata e, insieme, altissima capacità di mediazione all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Queste le caratteristiche essenziali di Cosa nostra, che per decenni le hanno garantito un ruolo di grande rilievo inizialmente in Sicilia e poi – grazie al traffico degli stupefacenti – su scala mondiale. Anche la ’ndrangheta, storicamente nata e sviluppatasi in varie parti della provincia di Reggio Calabria, ha assunto nel tempo una strutturazione unitaria, che ha superato il tradizionale frazionamento e isolamento tra le ’ndrine. Ma una caratteristica peculiare della ’ndrangheta è il modello della ‘colonizzazione’: la tendenza a espandersi fuori dal territorio originario non solo per singole iniziative criminali, ma per radicarsi. Il libro analizza nella prima parte il DNA comune alla mafia siciliana e a quella calabrese: la struttura organizzativa su cui entrambe si fondano, la ‘famiglia’ di cui si entra a far parte mediante cerimonie solenni e, infine, il sistema di relazioni che le collegano a soggetti esterni (imprenditori e manager, esponenti politici, uomini della burocrazia, liberi professionisti). La seconda parte – aggiornatissima alle ultime decisioni del Tribunale di Roma – è dedicata alla presenza della mafia nel Lazio e nella Capitale. Roma non è la Palermo dei Corleonesi: come gli autori sottolineano alla luce delle loro inchieste, non c’è stata nel gruppo di criminali legati a Massimo Carminati e Salvatore Buzzi la pretesa di controllare il territorio, né la necessità di un gran numero di affiliati, né una quotidiana manifestazione di atti di violenza. E tuttavia, quell’organizzazione ha manifestato la capacità di ricorrere alla violenza per creare assoggettamento, intimidazione e omertà (e quindi di mafia si tratta). Il caso romano rende evidente più che mai un aspetto oggi centrale nelle pratiche mafiose: l’utilizzo sistematico dei metodi corruttivi e collusivi. Fermo restando che mafia e corruzione sono due cose diverse, il libro prende in esame gli scenari più recenti e di frontiera, particolarmente preoccupanti perché vedono coinvolti direttamente ‘pezzi’ della classe politica e della società civile. Anche per questo bisogna ricordare quanto le mafie siano pericolose e quanto sia fondamentale – in ogni parte del Paese – tenere alta la guardia.